Monday, April 7, 2014

Musica e traduzione: l'appassionante lavoro del paroliere-traduttore

Il mese scorso mia sorella Alessandra ha conseguito la laurea magistrale con una tesi eccezionale dal titolo "La traduzione audiovisiva: il caso Disney". Il lavoro eseguito è particolarmente affascinante in quanto affronta non solo i problemi e le sfide della traduzione audiovisiva, ma approfondisce le questioni legate alla traduzione di canzoni. Se anche voi siete cresciuti con i classici Disney, troverete questo post davvero interessante.

(I paragrafi che seguono sono tratti dalla tesi di Alessandra D'Amico)

Secondo la definizione dell'enciclopedia Treccani, il termine "paroliere" deriva dal francese parolier, derivato di parole ("parola"), e indica colui il quale scrive i versi o le parole per una canzone o per altra composizione di musica leggera; in particolare, chi adatta le parole a musica già composta. Il paroliere può anche lavorare in coppia con un compositore, il quale si occupa di comporre la musica della canzone; vi sono numerosi esempi di celebri collaborazioni tra parolieri e compositori, ad esempio Mogol e Lucio Battisti o Elton John e Bernie Taupin; tuttavia le due figure possono spesso coincidere e può quindi essere un'unica persona ad occuparsi di scrivere sia il testo che la musica della canzone.

Aurora D'Amico & Francesco Pomiero - Photo © Guglielmo Mangiapane
Nel caso di brani musicali tradotti da una lingua all'altra, il compito del paroliere si intreccia con quello del traduttore divenendo ancora più complesso: non soltanto egli deve mettere le parole in metrica su una canzone che già esiste in una lingua diversa, ma soprattutto deve riuscire a rispettare il significato generale del testo di partenza (che non significa mantenere gli stessi costrutti o utilizzare i medesimi vocaboli). La stessa Lorena Brancucci, figlia del maestro Brancucci, oggi paroliera ufficiale del mondo del doppiaggio musicale italiano Disney, ammette che «è impensabile riproporre le stesse parole o gli stessi costrutti, ma il significato finale della canzone deve rispecchiare il messaggio che proviene dall'autore dei brani»

La principale difficoltà posta al paroliere-traduttore è quella di rispettare lo schema metrico originale, il quale a sua volta è ingabbiato in uno schema musicale. Egli deve cercare di conservare il più possibile, nel passaggio dalla L1 alla L2, lo stesso ritmo dell'originale. Il ritmo è principalmente dato dalla lunghezza dei versi (quindi dal numero di sillabe) e dalla presenza di rime; dunque se nell'originale una strofa è composta da versi di 10 sillabe in rima alternata, nella versione tradotta il verso non potrà essere composto da versi di 20 sillabe senza rima!

Ciò risulta estremamente complesso nel passaggio dalla lingua inglese a una lingua come l'italiano, in cui il numero di parole necessarie ad esprimere un concetto è, il più delle volte, maggiore rispetto all'inglese. Inoltre, non solo la lingua inglese esprime i concetti servendosi di un minor numero di parole, ma il suo lessico è prevalentemente formato da parole monosillabiche (quindi tronche) o tutt'al più bisillabiche, mentre in italiano ci sono molte poche tronche rispetto ad altri tipi (sdrucciole o bisdrucciole).

Nel prossimo post vedremo quali tecniche e strategie utilizza il paroliere-traduttore per svolgere il suo lavoro. Any ideas?

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