Tuesday, February 17, 2015

Musica e traduzione: quando il contenuto non conta

Sanremo 2015 si è appena concluso e anche non vivendo in Italia ho cercato di seguire qualche minuto di qualche puntata in streaming, e non soltanto perché dicono che mio padre somigli tanto a Carlo Conti!

Nelle due occasioni che ho deciso di dedicarmi a questa tradizione italiana, ho beccato due interventi di contenuto in qualche modo linguistico. Il primo è stato quello del comico Pintus, che non conoscevo, ma che con il suo sketch sui francesi mi ha ricordato molto la mia avventura (o meglio disavventura) parigina dello scorso anno.

Il secondo intervento che ho visto è stato quello di Pino Donaggio, autore della famosissima canzone Io che non vivo (senza te). Durante l'intervista, Carlo Conti e Pino Donaggio raccontavano come la canzone presentata a Sanremo '65 non avesse vinto nulla, ma il suo successo fu comunque planetario. Tradotta in inglese e cantata da colossi della musica, la versione dal titolo You don't have to say you love me è praticamente conosciuta da tutti.

Già dal titolo però si nota come le due canzoni abbiano poco in comune per quanto riguarda il contenuto. Allora ho fatto un po' di ricerche cercando di capire come si sia giunti a due testi completamente diversi. Sembra che la performance di Donaggio del '65 abbia commosso Dusty Springfield così tanto da ispirare nella cantante il desiderio di una versione inglese. La stesura del testo però fu affidata a due autori che l'italiano proprio non lo conoscevano. Ecco che nasce un testo completamente diverso.

Per farvi un'idea, ecco le parole del ritornello nelle due lingue.

Io che non vivo
più di un'ora senza te
come posso stare una vita
senza te
sei mia
sei mia
mai niente lo sai
separarci un giorno potrà

You don't have to say you love me
Just be close at hand
You don't have to stay forever
I will understand
Believe me, believe me
I can't help but love you
But believe me
I'll never tie you down


Ho trovato questa storia particolarmente interessante e molto diversa dall'approccio adottato nella traduzione di musica pop oggi (pensiamo a Nek e Laura Pausini) o alle canzoni Disney che secondo Brancucci devono rispettare in genere i seguenti criteri:
1) adottare una prospettiva target-oriented;
2) mantenere la fedeltà al significato generale del testo di partenza;
3) rispettare la metrica musicale originale;
4) rispettare le rime e/o i giochi di parola, se presenti;
5) rispettare il sincronismo labiale.

Evidentemente l'obiettivo di Dusty Springfield era quello di utilizzare esclusivamente la melodia originale e non quello di mantenere invariato il significato del testo. Per questo motivo non si è rivolta a parolieri-traduttori in grado di produrre un testo per quanto possibile simile all'italiano. E possiamo dire che in questo caso il risultato sia stato comunque ottimo!

2 comments:

  1. Altri esempi che mi fanno venire i brividi (e non in senso positivo).

    Originale: "Creep" dei Radiohead; Versione Italiana: "Ad ogni costo" di Vasco Rossi

    Originale: "Stand by me" di Ben E. King; Versione Italiana: "Pregherò" di Adriano Celentano

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    1. Grazie, Aurora.

      Secondo me dipende tutto dalla natura dell'accordo. Se alle due parti non interessa mantenere il significato/contenuto alla fine è come riscrivere una canzone usando la stessa melodia.

      Anche io però trovo più interessanti le canzoni tradotte che riescono a mantenersi fedeli al testo di partenza.

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